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lunedì 15 maggio 2017

Un tocco di DAS a Cassano



12 maggio 2017
IISS Cassano Ionio
Laboratorio sull'immagine corporea
I ragazzi del socio-sanitario modellano un corpo bendati






“(...) lo sguardo provoca una sinestesia, una indivisione dei sensi…che accomunano le loro impressioni in modo tale da poter attribuire all’uno, poeticamente, quanto accade all’altro (…): tutti i sensi possono dunque “guardare”, e, inversamente, lo sguardo può sentire, ascoltare, tastare, ecc. Goethe: “Le mani vogliono vedere, gli occhi vogliono accarezzare”. (Roland Barthes, Dritto negli occhi, pp. 302-303). I sensi sono un po’ come i media: strutturalmente multi, multi per definizione. Allo stesso modo la percezione ha una natura cumulativa, è sempre – in un certo senso - sinestesia. E’ la scienza che – uno alla volta, per carità – suggerisce dissezioni e separazioni, sempre enfatizzando prima il ruolo della vista poi quello delle visioni del mondo. (...)

Deprivati della visione, di tutte le visioni, considerato il contesto di prevalenza dell’immagine, delle cosiddette arti visive e delle tele-visioni, posso reagire nel buio e nel silenzio a quel doppio schiacciamento che prima tende a identificare la percezione con l’esperienza visiva e che poi vede la vista assorbita dal linguaggio. (cfr. Marco Mazzeo, Tatto e linguaggio. Il corpo delle parole, Editori Riuniti, 2003, p.58)


aprile 1987 - Consorzio per l'Università a Distanza


IISS Cassano Ionio





Non c’è (da) dire, non c’è detto: sono al buio e non devo dir nulla. Ho solo le dita con cui toccare, fare, plasmare. In modo approssimativo, incerto, grezzo. “La mano, secondo questa idea, non coglie un limite ma vive un limite: deve tastare per successioni un mondo che non conosce nella sua interezza e mai completamente. La mano è senso del limite perché ristretto è il suo raggio d’azione e deficitaria la sua forma di conoscenza.” (Marco Mazzeo, p.130).






(...) Ecco allora che l’impossibilità di una presa di posizione propriocettiva genera sorpresa. Cosa avrò combinato?
Tolgo la benda e mi accorgo che il Das non c’è più. Ora c’è un corpo nelle mie - queste sì, posso dire che sono mie – mani. La sorpresa e la soddisfazione scopica sono bilanciati da un “tutto qui?”. Mi accorgo che ero - e sono - sotto lo sguardo di qualcun altro. Siamo esseri guardati:
“(…) la dipendenza del visibile rispetto a ciò che ci pone sotto l’occhio del vedente. Ma è ancora dir troppo, perché quest’occhio non è che la metafora di qualcosa che chiamerò piuttosto la pousse, spinta o germoglio, del vedente, qualcosa che sta prima del suo occhio. Quel che si tratta di mettere in evidenza, attraverso le vie che egli ci indica (Lacan si riferisce a Merleau Ponty), è la preesistenza di uno sguardo – io non vedo che da un punto, ma nella mia esperienza sono guardato da ovunque.” (Jacques Lacan, “Lo sguardo come oggetto a”, Il seminario. Libro XI (1964), Einaudi, 1979 p.74).














Carlo Sini commenta il testo di Giordano Bruno
l'anima, la mano e l'intelletto

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